L’inventario
C’è un altipiano di una struggente bellezza, il cui vuoto trafigge e che non riesci a toccare. C’è uno spazio di una desolazione sconfinata, il cui terrore ti toglie il fiato. C’è un albero di un’impossibile altezza, la cui vertigine ti capovolge. C’è una parola di un’inverosimile indolenza, il cui ultimo suono non potrai mai ascoltare. C’è una trappola di un’insormontabile dolcezza, la cui rabbia non hai mai sfiorato.
C’è una storia di mille narranti, il cui inizio finisce in un tempo dimenticato. C’è una rara meraviglia, la cui superficie brucia quando la vuoi guardare. C’è un’aria pesta, la cui prigione ti rinchiude buttando la chiave.
Ci sono manie e facili consigli. Ci sono stormi di pensieri e cavalli al vento. Ci sono una vecchia signora, un calendario e uno spillo. Un miracolo, un tagliere, un coniglio. Un orologio, una strada, un cespuglio. C’è un bambino di un’infinita gioia, la cui lacrima è un fiume in cui non sai nuotare. C’è un fucile, c’è un sasso e una foglia; una matita, un balzo, una fionda. Ci sono giorni di un’invidiabile noia; c’è un fosso, un bagaglio e c’è pure un aggeggio. Ci sono marchi, note e bagliori. Una ruota, un canneto, c’è un ripostiglio. Una penna, un cappello e una bilia. C’è un cane che abbaia, una linea, un canestro. E uno scrigno che non ha ancora trovato il suo posto.
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